Giuliana Pelli Grandini

Talismano

Introduzione di Manuela Camponovo

N. 4 della collana Matura

pagine 94

formato: cm. 15,5 x 23

copertina: cartonata, fodera Conqueror, stampa bn.

immagine sovraccoperta:

Italo Valenti (1912-1995), 

Carrette della neve, 1952


 

febbraio 2022


Giuliana Pelli Grandini nasce a Lugano nel 1951. Da bambina inizia lo studio del pianoforte, strumento che l’ha accompagnata per molti anni nella vita. Seguono esperienze nel campo teatrale (con il Teatro delle Radici, sotto la direzione di Cristina Castrillo, con laboratori teatrali e lo spettacolo Tangram, (1987) e nell’espressione corporee. In quest'ambito realizza le fotografie che confluiranno nell'esposizione La scène de l'âme presentata all'Atelier Expositions Saint-Gervais di Ginevra (1992) poi all'Atelier AAA di Lugano (1993), con immagini del coreografo Claudio Schott (Narciso, 1990), del Teatro delle Radici: in particolare per Uno (1989), Prima del silenzio e Sul cuore della terra, (1990), Baguala, (1991) e dello spettacolo Risse di Monika Schubert (regia di Cristina Castrillo), dedicato alla figura di Frida Kahlo. Il lavoro analitico di impostazione junghiana fa nascere in lei il desiderio di unire creatività, movimento e terapia. Fa parte dell'Associazione Svizzera dei Terapeuti della Psicomotricità. Nel 1991 fonda a Lugano l'Atelier "La Mongolfiera" dove si occupa di terapia psicomotoria infantile, di accompagnamento dei genitori e di formazione alla relazione e all'ascolto per infermieri e insegnanti. Nel 1999 pubblica La statuina di Meissen e il mandala - Storia di una terapia psicomotoria, prefazione di Bernard Aucouturier, coedizione Bollati Boringhieri (Torino, 2000) e Edizioni Casagrande. A questo libro fa seguito La Mummia bambina. Atti unici. Piccole storie di ombre infantili, prefazione di Silvia Vegetti Finzi, Bellinzona Casagrande, 2004. Entrambi i libri sono stati tradotti in tedesco da Gabriela Zehnder.

Alla Mummia bambina, nel 2005, viene assegnato il Premio letterario Schiller “Per aver saputo attraverso una scrittura di raffinata elaborazione, raccontare il mondo ferito dei piccoli protagonisti, trasformando una testimonianza terapeutica in una realtà d’immagini e poesia universali”.

Del 2011 è La casa del sonno, pubblicato dall’Istituto ricerche di gruppo, e che è nato da una esperienza seminariale sulle paure dei bambini introdotta dalla lettura di alcuni racconti onirici della scrittrice. Il libro raccoglie una serie di racconti, a ciascuno dei quali è affiancato un commento, suggestione o “risonanza” di persone attive in vari ambiti. Nel 2013 esce un’altra raccolta di prose Le Margunfole (Opera Nuova).

Si segnalano anche le esperienze cinematografiche con i corti Desolina e Pia de’ Limoni. Del 2021 è Nunnin, un filmato che si riferisce all’esperienza della bisnonna che a fine ‘800 ha attraversato l’oceano, partendo da Buenos Aires per raggiungere i paesi del Lago di Lugano.



Introduzione a Talismano di Manuela Camponovo

 

Da dove nascono i racconti? Ogni narrazione, collettiva o d’autore, ha diverse fonti e sincronie che, ad un certo punto, sembrano miracolosamente combaciare, tradizioni, esperienze, curiosità, il fascino dell’uguale e del diverso, memoria, vissuto, immaginazione, certo. Ma anche l’immaginazione non scaturisce dal nulla, è amalgama di quello che siamo e di ciò che desideriamo, del nostro io, radicato e, insieme, sospeso nel tempo e nella geografia, formato poi dagli incontri e dai sogni che tanto sono rivelatori.

Per Giuliana Pelli Grandini il nucleo ispirativo, in qualche modo primordiale della creatività letteraria, è costituito dalla famiglia, le storie, avventure e tragedie, che affondano nel passato e che proseguono con i figli e nipoti, quell’universo-bambino che tanto influenza, anche nella forma stilistica, la scrittura. A questo punto, entra in scena l’attività professionale nell’ambito della terapia psicomotoria infantile, oltre a molti altri filoni di interessi personali, il teatro, la fotografia, la musica, l’arte in generale, la cui passione le è stata trasmessa dal padre. È come una vasta tavolozza di colori che in sé, presi isolatamente, non significherebbero nulla, l’abilità consiste nell’usarli coma materia calibrata, rielaborata, trasfigurata, per raggiungere la giusta tonalità in cui visione, parole, persino suoni arrivino a coincidere. Senza dimenticare naturalmente il livello onirico.

Il lettore di questi racconti è dunque chiamato ad un lavoro interpretativo non semplice, ma gran parte del fascino di un testo deriva dalle sue possibilità aperte, dalla capacità di suggerire (alla nostra mente, come al nostro cuore), piuttosto che di voler spiegare (e quanta pedanteria conosciamo in questa direzione). È quella di Pelli-Grandini una prosa che sconfina nell’insondabile della poesia, offrendoci, fin dal titolo, un magico Talismano che contiene, come nel mito e nelle fiabe, un mistero iniziatico, ma anche l’indizio e lo strumento per poterlo svelare. Appare banale insistere sul fatto che l’oscurità non è che l’altra faccia della luce, però non pensata qui in contrasto repentino, si tratta piuttosto di un’apparenza che diventa visibile a poco a poco come nello sviluppo fotografico (prima dell’era digitale) e che, in senso contrario, scompare in dissolvenza come può avvenire con una sequenza cinematografica. Sono meccanismi tecnici (far affiorare o immergere) che possono venire utilizzati creativamente in funzione simbolica o di metafore emozionali.

L’ossimoro è una traccia di dolore e gioia, perché qui c’è tanta infanzia e c’è tanta morte, gli estremi racchiudono il tutto, l’inizio e la fine, la capacità mimetica di narrare il mondo come se lo si vedesse per la prima volta attraverso la candida sorpresa di un bambino e, accanto, l’espressione della vecchiaia che troppo ha visto e che troppo sa, con il fardello di stanchezza e saggezza. Coesistono gli opposti anche nella descrizione del dettaglio realistico, da una parte, e nella subitanea trasfigurazione surreale, dall’altra. La dolcezza è crudele, ci disarma l’autrice, senza concessioni alla favola edulcorata. “Si fa finta di…”, si simula, giocando al morire, ma poi si muore per davvero. Muoiono bambole, muoiono neonati, piccoli e grandi destini s’intrecciano, non c’è nulla di più concreto della finzione; e non bisogna aver paura dell’ombra perché è ciò che rende più vero e nitido il disegno.

Per concludere, brevi-lunghe storie che evocano ambienti domestici e onirici, strade percorse, pittori ammirati, romanzi letti, opere ascoltate, personaggi fantasticati, istantanee di natura e di cultura, in cui ciascuno potrà ritrovare un pezzo del proprio mondo.




 



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