Massimo Bondioli

Il castello e altre poesie


Massimo Bondioli risiede a Piadena Drizzona (CR). Insegna da molti anni nella scuola primaria e, nel tempo libero, si dedica ad un’intensa attività di volontariato sociale. Ha pubblicato le raccolte Sotto il segno del tiglio (Gattogrigioeditore, 2010), La chimica del mare (Puntoacapo Editrice, 2014), Animali di strada con Mauro Ferrari (Rosso Pietra, 2018) e la plaquette Era dunque quella la via? (Alla Chiara Fonte, 2019)
Ha partecipato ad alcuni concorsi riportando significativi riconoscimenti, tra i quali, nel 2011, il primo premio per libro edito al Concorso Internazionale “San Domenichino” di Marina di Massa. Sue poesie sono state pubblicate su riviste e in diverse antologie.
Cura, per conto della Biblioteca Comunale, la rassegna annuale di   poesia “Strappi Poetici”.
bondioli.massimo@libero.it



IL CASTELLO


“Li vede quei tamponamenti?
Di materiale litico grezzo? E
i muri spessi? E quelle tracce di fori,
là in alto? Elementi tutti che avvalorano
quest’ala come il nucleo più antico
ridotto fortilizio a presidio della valle.

Non a terra, neppure al primo, sa?
Al piano secondo dimorava il signore
salendovi con una scala in corda
subito ritratta per terrore del nemico.
Sa, qui si è sul confine.
Ed erano tempi bui, quelli, vissuti
nella perenne attesa di un invasore.

Dalla casatorre incistata sulla roccia
erompeva poi come un temibile neo
il castello, seguendo la morfologia del terreno
in un crescendo convulso di dongioni
postierle beccatelli merli feritoie
trappole fossati ponti levatoi.

Un insieme minaccioso
non privo comunque
di grazia e d’armonia.”



*



Dove dell’erba s’è persa traccia
per troppa ombra o terra poco buona
salvo nell’aiola sotto la stele bianca
che svetta, come ognuno degli alberi
dislocati a raggiera, a onorare
con la calma di venti trattenuti
lontani caduti per la patria,
e dove a bassi e sgraziati muretti
è affidato demarcare su tre lati
il divieto d’ingresso ai cani

a palmo a palmo si contende
metri di terreno panche spiazzi
coni di luce e silenzi e voci
a innervare la filigrana dei giorni
una multiforme straniata umanità.



*



Lo stradello svoltava
a gomito quasi a sviare
quel rudere lasciato
dagli anni venti
forse a monito
fra ortiche e fichi
cresciuti a ridosso.

Le frasi di mio padre
salvavano della storia
brevi frammenti. Non saprei
se per sapienza o reticenza.
Ma in fondo
tanto valeva ad allentare
il peso della Storia.



*



Da giorni ho la testa affollata di muri.
Non i muri che arrestano i cuori e le menti
né quelli squadrati di armato cemento.
Nemmeno quelli grigi col filo spinato
cresciuti come lame di coltello.

I muri sghembi dell’infanzia rivedo
dalle tinte pastello. Muri che la storia
ha legato ai luoghi. Graffiati dai venti
vetusti porosi colonizzati di vita
e racconti. Muri che riemergono
come fossero ponti.



*



La via terminava contro un muro
lungo e alto a coprire l’orizzonte
eretto con maestria di lontani
artigiani. Ai suoi piedi stoppie
rinsecchite. Riparata dai venti
rapida si allungava l’ombra
sull’infinita nudità dei campi.

Era un buon posto per passare la notte
pensò, indulgente verso di sé e il mondo.



*



Giorni e quaderni ricolmi
di complessi labirinti.
In essi mi figuravo smarrito
a brancolare come un cieco
in preda al morso dell'angoscia.
Neppure in aiuto la lana del mito.

Così tenevo a bada
istinti e ancestrali paure
e forse mi tempravo alla vita.
Ma con la gomma alla mano
pronta ad aprire la strada
se m'ero scordato il varco
per l'uscita.



*



Ho sempre amato le strade
fiancheggiate da lunghi muri
quel procedere obbligato
il pensiero sviato dalle calde
infinite sfumature dei mattoni
la breve quiete della faglia
fra le mie contraddizioni.





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