Carla Cenci - Romana, di formazione filosofica, partecipa attivamente alla vita culturale della sua città, con collaborazioni redazionali, articoli e recensioni. Studiosa di comunicazione visuale, ha pubblicato il testo Immagine e visione (Universitalia, 2014). Sue poesie sono presenti su riviste e in sillogi frutto del riconoscimento conseguito nella partecipazione a concorsi letterari. 




VIAGGI



Ieri abbiamo viaggiato, lungo
tutto il giorno, alternando
la vita nella casa e nel parco,
sorpresi di quanto avventurose
poche curve domestiche.

Non solo allontanarsi,
quanto viaggio accade
in morse impercettibile
nei noduli dei muri e delle ore

quando lungo un affondo accostarsi 
a un remoto fraseggio degli uomini,
immarcescente,
in un nuovo inesitabile,
a una compagnia.



QUASI NATALE


Con le mani in un seme questa sera
si fa alta dal brodo degli auguri 
ai nidi d’albe, rametti di attesa;

è quasi il pettirosso del Natale.

Oltre le grida al vuoto, intermittenti
dei lumini nervosi dei negozi
ritorno al mio silenzio. Per scucire
una stoffa a chi dirime la notte
o un piccolo tessuto del suo caldo,
perché mi serve un cuore delicato,
un nato di dolcezza tra le vene
di luce, la sua filigrana appena.




OLTRE
 
 
 
Stasera nel cemento del garage
quale viso di canto chiaroscuro
mi dici, dal tuo magro nella nube
della voliera, piccolo uccellino
di poco sporgendo alle lamiere.
La madre a un ramo, un sogno senza becco
per gli insetti nell’ostia delle foglie
una volta diversi da mangiare...

Ma forse è oltre il tuo essere vero.
Dall’apparente gabbia ti ho incontrato
un giorno, lungo una via remigante
azzurra, di mutevole arruffarti
nella mola dell’ombra vivo e morto,
seminascosto passero burlone.




ESISTERE


Tu lo sai amore come si esiste,
nella cava inadeguata alla fame
ogni giorno, nel vespro di un’attesa
per non essere inverni e tra le scorze
di un fondotinta emergere in un volto.

E poi esistere in nudo albatro.
Nel vento al fuoco dei remi, un alare
da marinai la cima che si svolge
a un ormeggio, di largo senza fine.




OLTRE I BATTENTI


La casa illimitata è il mio aranceto;
si lava al davanzale dei balconi
la mia cometa celeste. In pigiama
corre il volto rinato nelle stanze
tutte aperte, dilatano in fogliami
le pareti. Il perdono è nel fermento
dei coaguli bianchi stesi al sole.

Per gli uffici, le aule vado piano.
Quasi dentro un annuncio, oltre le sedie
e i mucchi delle carte fino all’ombra
solo il cuore cammina. Lui canticchia,
dal dormiveglia dei giorni riallarga
le braccia piccine, spinge i battenti
a toccare la bocca che lo dice. 





DOMANDE DI VIAGGIO


Cosa c’è nel girasole illeso dal buio,
nei laghi di terra legati a un treno
e nel merlo, che finisce
contro un vetro e cade
e subito rinfoglia per durare,

nella donna che si piega a un bambino,
così magro a ravvolgerlo nel mare
perché risalga forte e nuoti via…

cosa preme il mio fondo incerto,
il mio cuore sfollato, arso dal guardare
e sperare lungo i fari delle coste
che una lampada chiami
per portarlo a una vita…





ORIGAMI DI FINE ESTATE


Sei entrata nel tuo abitino di carta
e te ne vai friabile tra i tetti,
nelle pieghe dei rondoni l’algia
di correnti nel cielo. E se poi chiama 
il maglione delle piogge, estate
non sparire, racconta nel mio zaino
il fiore di altalena, la domanda
per la bambina, trascinata via. 




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