Donata Berra

Contorni di parole



Donata Berra è nata nel 1947 a Milano, dove ha studiato letteratura italiana e musicologia. Ha tenuto corsi di lingua e letteratura italiana all’Università di Berna e traduce opere letterarie dal tedesco in italiano. Fra gli autori tradotti figurano Wolfgang Hildesheimer, Stefan Zweig, Klaus Merz, Friedrich Dürrenmatt.
Ha pubblicato quattro raccolte di poesie, l’ultima nel 2010: A memoria di mare (Casagrande, Bellinzona).




*



A frammenti, solo
e per ellissi
risponde
la biblioteca della memoria.

Alla richiesta, all’urgenza del prestito
(e lo struggimento dell’ora vorrebbe
subito, qui, tutto, il passato
per colmare il dolore
e garantirlo)

lievemente
come galleggiano i sogni
dall’aria insondabile del remoto
innalza un’immagine

onnipotente, illustrata e magica.




*



Non con trombe alte e tese
splende l’annuncio: l’angelo
è meglio raccolga i lembi
della lunga veste,
sieda e riposi.

Sommessamente nasce
la voce, solo, se mai,
per sottrazione.



*



Per rimpiangerlo poi sempre: il luogo
dove tante volte insieme
abbiamo sperato di arrivare
e lì carpire alla voce informe
l'ultima parola. Poi
liberi saremmo,
esautorato il cielo: certo
dell'ultima sua parola
più grande e chiara è la finestra
che ben conosco, illuminata
come un cuore nella sera.

Quando ho creduto di sapere, infine
ti ho chiamato, ma tu
avevi un altro volto.



*



Sempre mi scordo di te, sempre
mi perdo, ardo per altro, guardo
agli incanti, dove attenti
stanno in agguato trabocchetti,
lacci, e la ventura. Inseguo
i mulinelli tutti,
l'aria sventata dei libecci in fuga
su verso il bosco che ignaro trascolora
e si dipinge ancora
avanti il sonno.
Cerco qua e là
come a caccia di mirtilli,
fuori disegno,
spinta e malsicura.

Se ti ritrovo, se a te ritorno, è allora
alla stagione degli alberi di cachi
coi neri rami nudi carichi d'oro.



*



Come quando al circo
il rullo del tamburo
sommuove i cuori e annuncia

l’arrivo dell’acrobata
e tutti sono pronti
a sospirare e io

ti conoscevo ti aspettavo
e si è fatto avanti un vecchio
decrepito cadente

fin nel centro del cerchio
a dire che tu
non c’eri.



*



Era seduto di fronte a me
di profilo

io gli parlavo e lui,
per tutta risposta,

muovendo lenta la mano
con la sigaretta accesa tra le dita

tracciava segni nell’aria,
contorni di parole

questioni,
ghirigori di fumo perché io

percorressi attenta
a passo a passo

i sentieri del suo cruccio.




*



E adesso vieni, entriamo insieme in questo inverno,
sarà stagione di abbandoni e reticenze,
guarda: le ombre che credevamo immaginate,
o risospinte ai margini del bosco,
vòltati: avanzano alle spalle.

Vieni, lascia scorrere il tuo corpo
dal vento acre di resina e di muschio,
lascia la scabra pelle rilevarsi
alle carezze mie, come fossi lei,

quella per cui fiorisce, e sa di cielo,
– dove tu solo sai, e mi conduci –
il fioco fiore giallo d’elicriso.





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