79. Roberto Rossi Testa

      Il sole della notte

      pag. 48

      immagine: alla chiara fonte

      gennaio 2016


Roberto Rossi Testa  (Torino 1956-2016)
In poesia ha pubblicato le raccolte Stanze della mia Sposa (Hellas, Firenze, 1988), Poca luce (Aragno, Torino, 2002), Eunoè (Manni, Lecce, 2005), Sposa del vento. Poesie 1984-2004 (Aragno, Torino, 2007) e Poesie per un no (Aragno, Torino, 2010).
In prosa ha pubblicato il libro di racconti Storie di dèi e di animali (Petrini, Torino, 1995).
Ha svolto un'intensa attività di traduttore e curatore editoriale (per alla chiara fonte nel 2012 ha tradotto la Northumbrian Sequence di K. Raine).
Ha partecipato alla redazione del blog letterario La Poesia e lo Spirito ed ha collaborato con suoi testi e/o traduzioni a numerose riviste, fra cui Poesia, Testo a fronte, L'anello che non tiene e Yale Italian Poetry.


La palla il cerchio i lunghi
nastri multicolori
lasciati lì sul prato
nell’aria che s’imbruna —
Viene la sera e tu
nel lettino già dormi —
Vengono i sogni brutti
ma uno scudo di fiamma
si leva e li rischiara —
Anche fra tanto tempo
nel tempo della morte
si alzerà quello scudo
brillerà la sua fiamma
svelerà volti amici —
Fra tanto, tanto tempo —
Dormi tranquilla, anima.



Il poeta ha qui in gola
ogni voce e ogni nota;
ma non escono, no,
se non quando qualcuna
passa e lui la saluta.
Così dietro ai suoi occhi
tutto il mondo si scherma,
e poi solo al richiamo
intero si squaderna.
Dormi piccola dormi,
come pietruzza pesa
che in fondo a un fiume rotola,
e immune da ogni offesa
giunge alla fine al mare
dove s’incontran quelli
di cui si è frutto, e quelli
di cui si sarà pianta.
Dormi e sogna anche tu;
domani, risvegliandoti,
o quando udrai il richiamo,
tutto racconterai
agli occhi nei tuoi occhi.


(Non t’inquietino i topi
che trottano in solaio
sul piancito di legno
fra tritumi di vetro;
ti concilino il sonno,
di nuovo sognerai
del tappeto e vedrai,
vedrai ciò che è davvero:
altro che confusione,
quel tappeto è un giardino,
quel che ti sembra caos
è icona della vita,
quel che tu chiami buio
è il riposo del seme.
Fa un gesto il giardiniere,
e tutto si trasforma
in cosmo di preghiera,
con folate di vento
e salmodie d’uccelli.
Come puoi non sentirle?
Non parlare d’istinto,
lascia che a farlo siano
gli sciocchi sempre pronti
a ballare suonando
pifferi e castagnette
presso le porte chiuse.)


Con squassanti dolori
o con nessun dolore
a volte senti un vuoto:
qualcosa ch’era in te
è uscito per il mondo,
e se ti guardi intorno
vedi il mondo mutato
da un pensiero o un’azione.
Entra allora in quel vuoto,
può succedere ancora.
Ma pensare od agire
dentro e contro l’opaca
compattezza del mondo
genera solamente
pensieri di pensieri
e parodie d’azioni.
Làvati gli occhi intanto,
e stùrati gli orecchi;
strappa le erbacce, e spazza
la casa; tanto basta
aspettando la Grazia,
o la Necessità;
forse due nomi e aspetti
di un unico accadere.
— Ecco quello ch’io padre

devo dire a te figlia
per svolgere il mio compito;
ciò che dettomi un tempo
misconobbi e non vissi.
Lo sussurro in ginocchio
curvo su te che sogni,
affinché meno gravi
scendano più in profondo,
e poi tornino e agiscano,
le parole: intrecciate
al corso di cavalli,
di nuvole bambine
e di fiumi solari.



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