Gilberto Isella
TORNEREMO VIRGULTI AD ATLANTIDE
Gilberto Isella, poeta, saggista, autore teatrale e tradutore, è nato e vive a Lugano. Ha insegnato italiano al Liceo Cantonale di Lugano. Al suo attivo numerose raccolte poetiche. L’ultima, Arepo (2018), è stata finalista al Premio Camaiore e al Premio Bonanni Città dell’Aquila nel 2019.
*
Osserveremo un intervallo
scivolare tra nubi
e ringhiere
a guisa di virgulto
insospettito
Con lui soppeseremo
le delizie
benedette maledette
del creato
Pergamene che si avvolgono
in onde d’alluminio, vortici azzurri
da fortezze imponderabili,
crepe dipinte
Si annidava nelle palpebre
il presagio ,
tra il respiro di un angelo
e le ali del nostro smarrimento
La faccia velata di Atlantide
(forse, chissà)
*
Con la lupa giusta sarà tranquillo
il tuo andare nel bosco
Sotto una lente rossa
inseguirai il fiato del sentiero
le sue vene ti daranno aroma
e scorrimento
Sotto una lente rossa vedrai danzare
artigli, illuminarsi il solco bassissimo del sole
Sbranata solitudine
si compirà il pensiero
Oh, sacri brandelli d’amore!
Dai fiori della festa
vien frastagliato polline
Una farfalla arringa:
“Il vostro peso è il mondo,
gente mia, la vostra leggerezza
esile argilla a fil di cielo
che si distende oltre i monti,
vivace apnea, fluire d’alga
A me conviene
l’oro delle antenne
ma solo quando un cuore
invisibile si sfalda, quando
l’oro improvviso diluvia
sopra le mie ali striate
di libidine”
Codesta sbieca gemma
e vasta vasta vasta
tanto si spaura
da spaventare
la medesima paura
se questa
si guarda allo specchio
Una gemma
sepolta, abissale
che nel Timeo
Platone adocchiò
“Ora basta!” disse
all’istante
e molto si stordì
*
La scala a tracolla
sale al rifugio di tutte le notti
Smuove un vecchietto dalle scarpe gialle
che in soffitta addomestica sciacalli
e teme lo scalino che si sporge
da una trave della mente
Scale e notti si annusano
per ossi sacri e ginocchi,
a vicenda s’infilzano,
fanno esplodere letti
I loro botti rimbombano nel web
duri a morire
ancor più a sopravvivere
quando rimontano
le tenebre dei clic
“Olimpiadi oniriche”
qualcuno ha detto
un po’ demente
In verità
l’eco deviata
di un perso continente
*
A lungo andare il suo sguardo
sarà fiamma ossidrica
in radura
Eppure
coltivava ogni figura
nel buio
budello del Buddha
Ma un giorno salì in groppa
a Ganesh l’elefante,
scorse zanne mutate in folgori
uscire da una sfera di cristallo
L’ignoto ingannatore
imbottì i suoi occhi
di stridule code di comete
e lui da folle le accolse
con la magnifica luce
senza battere ciglio
Piromane della propria anima
per destino o puntiglio
*
Vi faremo ancora scalo
scontenti o beati
a seconda del nostro ruotare
Non mancherà
in quello zigozago
la dispettosa mantide
(feu vert, mon amour
signalétique!)
Non mancherà
la cosa per noi più soave,
avvinti in un lampo di cobalto
Risveglieremo Atlantide
nelle piccole pieghe
di un virgulto