Valeria Raimondi vive a Brescia, è poetessa e operatrice culturale.
Nel 2011 pubblica la silloge Io No Ex-io, Thauma ed., nel 2014, Debito il Tempo e a marzo 2021 la raccolta Il penultimo giorno, Fara ed.
Nel 2015 presenta nei centri culturali albanesi un’antologia a tre voci: V.Raimondi - B.Costa- J.Hirschman. Nel 2018 alcune sue poesie vengono tradotte in portoghese e presentate a S. Paolo del Brasile.
A giugno 2019 esce con Pietre Vive La nostra classe sepolta, cronache poetiche dai mondi del lavoro. Nel 2020 scrive alcune testimonianze di lavoro e di vita nella Lombardia colpita dal Covid: Una storia sbagliata, che confluiranno in un articolo per la rivista MicroMega.
LA PAROLA SFINITA
La parola è ormai (s)finita
Giunge tardi come ombra sulle cose
Detta o scritta porta dentro il suo declino
Già rivela il languore del mattino
Muta il Verbo nella notte, ammutolisce
Ammutinato, ammaina le sue vele
Bianca sventola la mano e già si adombra
E si sfa subitamente in schiuma, l’onda
E l’Idea, gigante Urlo che vorrebbe
Rivelare solo il Vero il Giusto il Buono
Pare fiato sopra il collo del Già Detto
Un respiro che lo specchio appena appanna
UN BIANCO UCCELLO
Ho sparso qualche seme sconosciuto,
avanzato una briciola di pane
per un inverno che nasceva duro,
strappava l’erba buona dalle mani.
Ma ora ho fiumi calmi dietro gli occhi
e con le dita scorro le pianure,
il vento scuote appena le colline,
la terra che riceve il suo ristoro.
Il buco nella rete ora s'allarga
e apre all’improvviso una visione:
un bianco uccello avanza nella neve
lasciando rare impronte sopra il bianco,
e anch’io dentro il paesaggio complessivo
prendo per me il diritto di restare.
GENERAZIONE
Talvolta mi nascondo dentro il sonno,
nell’umida gestazione dei raccolti,
e lì sei tu che vieni ad incontrarmi
per nominare uno ad uno i miei dolori.
Ma se ti assenti sono io che spero
si rinnovi la grazia del miracolo:
di vedere i figli crescere,
cadere le foglie,
generarsi la materia,
sebbene si sappia lo sbriciolarsi
delle ossa e della terra,
l’indifferenza eterna delle acque,
l’estinzione necessaria di ogni specie.
Ma non finisce ancora il gioco di cercarsi,
di covare uova d’altre negli specchi,
per generare un seme tutto da nutrire
-un desiderio,
nella spinta che poi implode
al primo battito di luce del mattino.
Sei tu che ancora torni a riva
a rammentarmi che non siamo niente
ma che in quest’onda tuttavia perdura
qualcosa che somiglia a una creazione.
PER EGIDIA BERETTA,
MADRE DI VITTORIO ARRIGONI
UCCISO A GAZA NEL 2011
Quante volte ho impastato lacrime e fiato
per metterti al mondo, una volta ancora,
per sempre.
Quante volte ho frugato nelle parole
o dentro i tuoi occhi così simili ai miei.
Mille volte ho cercato ragioni
e scalato con rabbia le cime degli anni,
fino ai seni, fino al latte succhiato,
fino al primo, quella volta, tuo pianto,
a quell’ultimo che non ho consolato,
fino al piccolo dito che teneva il mio dito.
Resta un po' ancora mio:
ti insegnerò a legarti le scarpe,
il verso del lupo, a rialzarti se cadi
dimentica ciò che a Gaza hai imparato,
dimentica di essere troppo cresciuto
E ti prego sii tenero figlio,
indulgente verso l’urlo che lancio
alla tua stanza vuota,
qualche volta quando viene la sera
Adesso che altri ti toccano e invidio le loro mani,
il tuo amore per loro, il loro per te
mentre il mio lo sacrifico tutto,
mentre il mio ti pareva di troppo
Sii indulgente verso il pianto di madre, bambino,
che benedice la dissennata passione alla vita, alla pace,
il seme d’amore per Signora Giustizia
che dalla mia terra per te ancora fiorisce
UN CANTO SPENTO
è come un libro aperto il cuore,
inciso dentro porta un canto spento,
una piccola nenia, un’ossessione
si intona come inconsolato pianto
si narra sulla punta di una lingua
appena nata, senza ombra d’innocenza
pensieri troppo grevi per uscire
dall’utero che si apre nella gola