Marco Falchetti

DA UN PICCOLO LUME



Marco Falchetti (Mendrisio, 1995) Attualmente sta compiendo il suo percorso educativo-formativo all’Università di Friburgo dove studia Letteratura italiana e Storia. Con Da un piccolo lume, si affaccia per la prima volta sul panorama letterario.


Fotografia: Marc Siegenthaler, Ginevra 2019



 *


TEMPORALE


Tu godi, se puoi, piccolo angelo
biondo di questa tua infanzia.
Gettati fra gli spettacoli
della natura, perché
si salva qualcosa qui?
– in questo posto incatenato
dove non è legge ma stato
il sasso sprofonda sempre nel lago –.
Risposte, per il momento, non ne ho
e continuo la mia ricerca
all’ombra dei pini, al riflesso dei monti,
seduto inquietamente a sbriciolare
pezzi di carta a pena chiostrati.
Ma poi ripenso, e torna
il fascio di luce che mi tormenta,
e fa giorno di notte.



*


IL SOLE S’ATTARDA SULLE SCOGLIERE


Il sole s’attarda sulle scogliere
nere antiche mentre onde
marine alte due metri inghiottono
gli scatti di turisti e le loro cartoline.
Sulle pietre calde lingueggia il biacco
e ignaro gli s’avvicina il rospo stanco.
Sul più alto faraglione domina
il monastero, recintato dal suo cimitero,
luogo di memoria vàpida, tenero solo
alle immutabili cose,
e mi chiedo se lì vicino
sul finire del giorno
quell’ultima tortora
pescherà la sua cena
e tornerà alla dimora.
Oh filo di Teseo per il labirinto!
or t’afferro, ma tu non raggomitolarti
su questa via, ultimo scampo.



*



NON SONO MAI STATO


Non sono mai stato un uomo
di montagna o di mare.
Ciò nonostante
col naso ho sempre distinto
l’odore di capra da quello
di cernia del fondale.
Ma certo, che sognatore,
le pareti della stazione
non trattengono nemmeno l’alito
del tuo, dei tuoi profumi
– albicocca o ciliegia scendono
dai tuoi capelli e alla mattina
li attorciglio con le dita mentre
Penny furiosa inscena il diavolo –
e ai treni che partono
si fa sempre più crudele
questo gioco di mimi.



*


FUORI PORTA


Ogni tanto, ammetto, inganno il pensiero
con le tue fantasmatiche comparse.
Più precisamente quando
passando in via san Giorgio
scorgo il cancelletto aperto
e mi rimetto nel vialetto
dei sassolini bianchi:
molti piccoli pensieri d’innocenti mani
(come le tue, una spinta vitale!)
aduggiano i tuoi eterni
teneri contorni. Poi un sussulto
da destra increspa la terra:
è Giovanni, avverte la mia presenza.
Ancora, in sospeso,
abbiamo l’ultimo cicchetto di grappa.
Non hai mai avuto la possibilità
di conoscerti abbastanza
per sapere come ti chiami
ma i giardinieri tengono terso questo luogo,
cosicché se il tuo nome riguardo
tu puoi leggerlo nei miei occhi.



*



QUESTO È IL GIORNO IN CUI…


Questo è il giorno in cui il tuo rito si compie
nel terreno dell’autentico, Huracan.
La chiave è pronta. Al giro di toppa
scatta lo scoiattolo sulle lunghe
braccia degli alberi,                    
i corvi decollano, se ne perde traccia.
Poco sotto un gatto cinereo è a caccia:
trova, trita e rimpasta un topo campagnolo
ladro di formaggio. Poi sboccia
il fiore dove il sasso s’accapocchia.            
(Inconfondibile rimane il suono
di vetro dello zoccolo sulla pietra):
è lo stambecco che svalanga di qualche metro;
per oggi basta tirare mine sul Calanda.
Ma domani sarà diverso,                
domani sarà il liquefarsi
della parola per una qualche
sorta di compito inadempiuto.



*


SEI ENTRATA IN PUNTA DI PIEDI


Sei entrata in punta di piedi
nella mia vita e premurosamente
hai raddrizzato i quadri in bilico.
Fra le macerie di un universo disordinato
hai fatto la conta dei morti.
Non ci sei entrata perché
qualcuno te l’ha detto;
tu lo hai fatto perché il tuo cuore
è la chiave d’ogni segreto,
il fascio di luce che perfora
e folgora la nube intenta
a lordare le spalle della gente.
Mi sono forse ingannato
sospendendo le ricerche ma
non ci sono notizie
per chi vive in attesa.



*


IL FUGGI FUGGI…

Il fuggi fuggi dei passeri assopiti
spoglia le piante amiche
nemico camuffato nel silenzio.
Tu sei sempre stata accovacciata
sul trespolo a sorvegliare le mie lunghe notti
e poi te ne sei andata in volo
come di un sorriso ubriaca.





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