Ivo Monighetti
Cinque poesie inedite
Ivo Monighetti (1938-2008) si è laureato con Jean Piaget a Ginevra in psicologia. Dopo vari impegni nell’insegnamento, ha continuato gli studi di epistemologia a Parigi presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales. Oltre alle poesie, ha pubblicato numerosi testi che variano da questioni d’apprendimento a presentazioni d’arte. È stato direttore della Scuola magistrale post-liceale di Locarno. Ha passato l’ultimo periodo della vita ad Agadir, rimodellando i suoi ideali nella cultura araba del Marocco.
Nasce il mattino
distilla silenzi di civetta
l'ombra si inchina dei corpi
vacilla, tremando,
nei grappoli di glicine.
(Dalle lenzuola occhieggia
il labile blu
di uno slip abbandonato...)
Siamo senza voce
e senza voglia, ma tu
occhi di mirtillo
che vivi nella fame che mi fingo
a quali insidie
dirigi le tue lame
i tuoi gelidi zampilli?
Scompari nella rugiada
di un viottolo incolto
segui la linea del serpente.
Da lontano hai movenze
di cane che rallenta
e dal passo che ritieni
scheggia come sasso
un pensiero delinquente.
[MATTUTINO]
*
Amara respira la notte
dai cumuli incupiti del fieno.
Vanno e vengono le donne
dalla casa alla stalla
con secchi d'acqua bollente:
la premura è pari al silenzio.
Una luce giallastra inonda
i volti in attesa, accende,
sulla paglia, cenere e sgomento.
Ah, questa luce che infuria
nel buio di girasoli roventi,
che acceca pupille,
germogli d'infanzia,
che preme e s'ingorga
in liquami di sangue nero,
un tocco, il perdono alla vita
di chi nasce morendo,
il morso, oscuro ma vero,
di una voce
che rode le palpebre
fino al pensiero.
«Era troppo magra e stanca
per contenerlo vivo.»
Potrà
la morte ancora sorprendere?
[LA MORTE DEL VITELLO]
*
L'aria punge,
le galline attendono la neve
e si guardano mute.
Ho lasciato le ultime
tiepide parole
sugli orli incerti
dei muretti del bosco.
In una lunga carezza
il muschio le ricopre
ne cela il segreto.
Sulla soglia mia madre solleva
un tritume di foglie.
Il dolore non duole
nel suo gesto breve.
[VIGILIA DI NATALE]
*
Qui, dove impazzano le cetonie
sui fiori del sambuco
e anelli dorati offendono
la luce, sento più giusta la terra
più povero il cielo
che un poco si disserra. Le mani
perdono misura del gesto:
scrivono un'altra storia.
[LE CETONIE]
*
Guardo – ma come fuori
accanto al mio corpo
l'occhio, mobilissimo,
del pettirosso:
è subito nel cuore
una voglia di danzare.
L'anima sospesa
a questo vivo zampettare
al seme che scompare
in tanta leggerezza.
[IL PETTIROSSO]