Giancarlo Stoccoro (Milano 1963) è psichiatra e psicoterapeuta. Studioso di Georg Groddeck, ha curato l'edizione italiana della biografia (Georg Groddeck Una Vita, di W. Martynkewicz, Il Saggiatore, 2005) e altri saggi (Pierino Porcospino e l'analista selvaggio, ADV Lugano, 2016; Poeti e prosatori alla corte dell'ES, AnimaMundi, 2017). Suo è il primo libro che esplora il cinema associato al Social Dreaming (Occhi del sogno, Fioriti,2012). Ha vinto diversi premi di poesia e pubblicato numerose sillogi. Le più recenti sono: Naufrago è il sogno, Ensemble 2020,
L’intuizione dell’alba, Puntoacapo 2020, Litanie del silenzio, Ladolfi 2021.
Liberiamo sguardi
come gli alberi
prendiamo corpo in aria
Ogni tetto ha il suo cielo
lo protegge
da chi è cresciuto solo con gli occhi
e ora ripara dentro casa
genuflesso alle stagioni buone
Arrampichiamo
l’ombra
ha annodato i sogni
ne ha fatto liane
*
HOTEL COVID
Al varco degli occhi
le parole posacenere
il tempo interrotto dagli abbracci
la carne viva
che sempre chiede ristoro
Ci si allea
con i luoghi a termine
le finestre alluvionate dalla luce
le istanze improrogabili del cuore
i passi feriti
dove il sentiero si compie a tentoni
dalla stanza al bagno
*
A ogni passo
uno spreco di sillabe
insegue il silenzio
Ci rifugiamo
nella prossima alba
chiediamo scusa alle voci
le parole più belle stanno nei libri
i sogni le attendono
*
Siamo fermi all’ultima data
ancora vicini all’alfabeto delle rose
sosteniamo la misura dello sguardo
da un piano alto il profumo
traduce le parole mute
*
Sembrava facile
uscire di casa
vagabondare per sguardi
bussare ai portoni
affastellare istanti
prima di un incontro
Anche la luce porta
la sua piccola maschera
lascia fuori gli occhi
guarda dritto davanti a sé
percorre la via più breve
non distingue l’ombra
che si porta addosso
Si stendono parole
come si faceva
una volta con i panni
Lacrime e pioggia
ogni tanto si smarcano
lasciano posto all’aria mite
Tutto è provvisorio
tutto si ferma con un nome
*
Eravamo affamati di tempo
come quando tutto resta
nelle pieghe della bocca
e a uno a uno cadono i denti
Eravamo in un sogno lungo
che non scopre gli occhi
ma rapido li muove testimoni
di un viaggio da fermi
Ora diciamo non c’è parola
che sappia ricucire il sogno
il tempo ci nutre in abbondanza
*
Sono tra le parole
costrette a macerare sguardi
dopo aver accovacciato le labbra
All’ultimo bacio
compivamo gesti simili
impastavamo la bocca
traducendo linguacce al chiuso degli occhi
Resto
con poche sillabe al buio
sfioro l’intimità di un nome