Vincenzo Montuori 

ELEGIE DI MOSSBAWN





 

  VINCENZO ATHOS MONTUORI è nato a Napoli il 5 giugno 1953. Laureato in lettere moderne e in filosofia del linguaggio, ha insegnato dagli anni Ottanta a Cremona dove vive. Ha tenuto e tiene conferenze e corsi in quella città per circoli come l’ADAFA e per la sezione locale dell’UNITRE (Università della Terza Età). Oltre a numerosi interventi critici sulla stampa locale, Montuori ha pubblicato due volumi di saggi, tre libri di racconti brevi, un poemetto dal titolo “Autostrada del Sole” del 2011 e dieci libri di versi, esordendo nel 1991 con L’altra faccia della luna a cui sono seguiti Mutazioni del 1995 con Book editore, Passaggi di stato del 2005 ed altri fino a pubblicare un’autoantologia della propria produzione dal 1986 al 2016, dal titolo  Nella gabbia dorata – Rime, uscita nel 2020. I versi qui presentati sono inediti.





MOSSBAWN



La pompa dell’acqua in azione
scandiva le nostre stagioni;
di bambini in cortile
gazzarre e nel fienile;
il vecchio cavallo alla greppia
ammusava nella sera
Correvano nuvole leggere
al tramonto verso l’alto mare,
rotolavano sulle torbiere,
strapazzavano con le dita
i  ciuffi di erica
I salici fremevano
a presentire la prima
pioggia dell’autunno;
il fiume con la sua voce roca,
il cuore buio delle essenze
vegetali, il loro fruscio
erano il mio lessico naturale.






IL PASSAGGIO DEI TRENI



Nel fermento estivo della sera
-velluto nello spazio
erano le stelle - avvertire
un sibilo all’orizzonte,
dei merci il rantoloso
acciottolio che lentamente
fluiva all’udito incantato
dal verso della rana
Il fascio dei fari a illuminare
il muro dietro casa,
nel pozzo l’acqua che schiumava
in lievi increspature
Passato che fosse il treno
al ragazzo- occhi aperti
sul mistero della  notte-
giungeva, metallico, il fortore
dei freni, lo stridio
lungo, il bruciaticcio
della macchina a vapore
Così sognava remote
mète ai  suoi miraggi,
un vento che  lo rapisse,
il miracolo di un treno
puntato sul futuro.





IN ITALIA , A FIRENZE



Sole che scalda il marmo delle chiese,
la trama delle strade lastricate
che splendeva nel pieno dell’estate
furono l’incanto dove si arrese
la mia ombrosa giovinezza, fiorita
dai cIeli teneri della mia terra,
dalla natura che tutta la serra
in un  abbraccio verde che t’invita
Nella tua città, Dante, pellegrino
trasognato, fui vinto dalla storia,
con la vista abbagliata dalla gloria
di quel passato, tanto che piccino
mi sentii ed ancora più straniero
rispetto a un indicibile mistero.






A STOCCOLMA



La voce paterna che mi richiama
ad azionare la pompa nel cortile,
i nostri semplici giochi infantili
nell’imbrunire che basso dirama
dagli alberi; chi l’avrebbe mai detto
che un domani un poeta avesse scelto
quella scenetta di periferia
per dare credito alla poesia?
Poi sono arrivati i premi, la gloria
conquistata sulla scena del mondo,
e sono giunto a  conoscere il fondo
del cuore, tutta la sua vana boria
Ma niente che mi renda la dolcezza
di quei giochi, la limpida gaiezza.






A SCUOLA DAGLI INGLESI



Inverno, interno-pomeriggio a scuola
dai precettori inglesi; ripassavo
a memoria tutti i verbi; recitavo
le coniugazioni, le dita viola
per il freddo; ogni volta che sbagliavo
quel sadico nella sua nera stola
mi fissava come fossi uno schiavo
e con la dura verga di nocciòlo
mi colpiva sul palmo delle mani;
già mi nutriva allora un odio imbelle,
già sognavo di crescere ribelle
Ma capivo di non aver domani
se non nella lingua che mi strappava
alla casa, alla madre che mi amava.







IL  CONVITTORE



Sull’isocronia lenta del verso
antico, con i suoi tempi, i suoi pieni,
i suoi vuoti, i ritmi sonori e alieni,
compitavo con il capo riverso
al comando, alla disciplina ottusa
dei maestri, nel gelo del convitto
mentre nel petto mi pungeva fitto
il ricordo della pioggia diffusa
a prima sera, il fuoco delle more
vivo tra le siepi. Mi aprì la mente
il canto di Virgilio, la dolente
vicenda di Enea, del genitore,
del padre recato in spalla dal figlio:
non fui allora più solo nel mio esilio.





WAKA DELL’ASSENZA



Quanto è più lunga
l’assenza che mi scava
in fondo al cuore
tanto più la memoria
dà un senso a questa storia.




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