Giada Giordano

A mio figlio






Giada Giordano nasce a Roma nel 1989.
A tredici anni vince la Menzione d’Onore al Concorso Nazionale di Poesia “Un fiore per voi”, indetto dal Comune di Cervia. Nel 2015 vince il Poetry Slam al Roma Fringe Festival. Suoi testi sono apparsi su numerose riviste online e cartacee, sul “Journal of Italian Translation”
dell’Università di New York, sul “Periodico de Poesia” dell’Università del Messico e su “La Repubblica”di Bari. Alcuni suoi testi sono stati tradotti in spagnolo. È risultata finalista in vari premi di poesia.




Verrà come ai miei occhi
la tua faccia di bambino
l'amore dei giorni che contemplo
nelle ore che si allungano e sono estate.


Verrà come ai miei occhi
il tuo sorriso
e sarà sorriderne insieme
ché nel grembo la vita pulsa già
e si irradia come sogno.


Domani potrai guardarmi, madre,
tenderti la mano, sorreggerti piano
mentre il cielo imbrunisce
dietro i colli, oltre le case.


Sarà per me sapere possibile
nei meandri schiusi la dimora;
sentire il tempo persino nel piccolo incavo
delle mani, dei tuoi pugni chiusi:
vedere che ti abita, ti reclama.




*




Schiusa l'imposta che s'apre sul nostro giardino
tra le ortensie e la bouganvillea in fiore
come nella brina del mattino
aspettarti.


Aspettare, amore, come si aspetta
questa primavera
il rigoglio dei prati, dei fiori sugli alberi,
sopra i tetti di Roma.


Nell'estate, sarà ancora più estate,
la luce che di sera ci terrà avvinghiati
come d'incanto, schiusa l'imposta che s'apre
sul nostro giardino, verrà una nenia lieve
come dal mare.


Assaporeremo la via, il candore,
quel primo abbaglio di luce.
E saranno tuoi, Figlio mio,
tutti i miei giorni,
la loro poesia.




*





So di un tempo che ancora si accinge
ad aspettarti mentre fuori spiove
e centimetri, metri di strade si porta
tra sedimenti e manti erbosi
per le case e non so
che suono abbia la parola
che a volte ci disarma
e ci fa sentire nudi, ma
è difficile contare i giorni
che ci separano, le ore
e i propositi e la pioggia,
che a sera ci accompagna,
vedono queste mie parole
quasi una carezza
uno sguardo per domani
a cui racconterò
del tuo arrivo.


*




Se è un cerchio sempre eterno questo amore,
l'incanto che ci regala sul nascere, così come
all'alba dei nostri giorni ci accompagna
come si accompagnano le stagioni
dell'anno, il baluginio della luce
oltre l'iride, persino quel raggio di lampione
ad illuminarci il capo;
così lo tengo, così teneramente per le mani,
e non conto più i giorni
che abbiamo scelto di condividere,
persino le carezze che un domani
sapremo raccontare.




*




Andremo, figlio mio, per i vicoli di Roma
tra statue equestri e i suoi viali alberati, lungo
gli argini innamorati e il Pincio e intorno
un luccichìo di luci, di campane
lungo il portico e le sue scalinate,
tra la folla, renderanno vacuo il buio,
così che sarà giorno ai nostri occhi
tra le cupole e gli obelischi della città.


E nella luce scomposta
rifratta dagli alberi dei grandi parchi
sentiremo le voci del quartiere
venirci incontro.


Così vedremo fare giorno insieme
sopra i tetti della città, per le strade
un crogiòlo di luci, di colori
ci riscoprirà simili
mentre si udiranno le campane
rintoccare con la tua risata
essere figlie
di te che le indichi.




*




Prossimo alla meraviglia il canto,
figlio come te, sarà comunque
lieve nel baluginio. Sgorgherà l'acqua
zampilleranno promesse
saremo assieme
quando il giorno lascerà ogni cosa
tra gli argini del fiume
o nella luce tenue del mattino
che albeggerà tra i colli e le case.
E pioveranno promesse
e dolce una speranza
farà strada agli uomini.
Verranno allora ad invitarci
a bere ancora alla fonte
nella Terra dei Padri.




*




Credo in te, luce del mattino,
in noi, nel sole che viene per nascere
e irraggia
tutti i nostri giorni
con l’amore che provo.





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