Enrico Frattari Elvira Sero’ Manzoni Nicoletta Gay
Finire di vivere cominciare ad essere
immagini di Dina Moretti
pagine 64
prima edizione febbraio 2015
ristampa maggio 2015
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Enrico Frattari
Nato a Dongo presso Como nel 1962, dopo le scuole medie si è diplomato come tecnico delle industrie meccaniche e in questo campo ha lavorato per circa dieci anni dopodiché per una scelta dell’anima ha seguito la scuola di infermiere e si è diplomato nel 1994. Ha cominciato a lavorare in casa per anziani per gli Istituti Sociali di Lugano come infermiere e dopo circa 2 anni e mezzo è diventato caporeparto.
Ha lavorato per sette anni, dopodiché gli è stata affidata la gestione di
un reparto Alzheimer.
Nel 1997 si è sposato e ha avuto una figlia; da allora ha vissuto a Lugano fino al giugno 2013, quando, a causa del cancro, ha affrontato personalmente quel trapasso in cui aveva accompagnato tante persone.
Elvira Serò Manzoni
Nata ad Albagés in Catalogna nel 1958, vive a Lugano è sposata e madre di due figli. Dopo gli studi superiori si trasferisce a Barcellona dove fa la scuola d’infermiera e terminata questa per poter acquisire maggior esperienza professionale e personale parte per la Svizzera francese a Friburgo dove resta per due anni. Trasferitasi poi a Lugano, dove vive dal 1983, lavora prima all’Ospedale Civico per circa dieci anni, poi a domicilio e dal 2004 in casa anziani per gli Istituti Sociali di Lugano. In questo periodo ha seguito varie formazioni, tra cui “Le deuill e l’accompagnament aux persones en deuill” sotto la direzione della Signora Rosette Poletti a Ginevra (1998) e la formazione di “Specialista clinico in geriatria” (2009) alla Supsi di Stabio. All’inizio è stato il “caso” a portarla a lavorare in geriatria, ma poi è diventata una scelta per una continua scoperta della ricchezza e della gratificazione che può apportare il contatto con le persone anziane.
Nicoletta Gay
Nata a Torino nel 1965, vive a Santa Maria in Calanca dove lavora come naturopata e consulente spirituale, tiene corsi per adulti sulla conoscenza di Sé e la preparazione alla morte. Gli studi di linguistica e neuropsicologia l’hanno portata in un primo tempo ad approfondire con ricerche empiriche il tema dell’afasia e dell’Alzheimer. In un secondo tempo la ricerca in teologia comparata e la formazione come psicopranoterapeuta l’hanno portata a esercitare nella clinica Aeskulap
di Brunnen (SZ) dove si è occupata della formazione in accompagnamento alla morte del personale infermieristico e ha accompagnato malati oncologici sia in fase curativa che palliativa. Dal 2004 Nicoletta insegna accompagnamento alla morte anche nella scuola per naturopati di Baar (ZG). www.guarigionecreativa.ch
Dina Moretti
Nata a Lugano nel 1958, dopo la Scuola Magistrale di Lugano si è diplomata all’Accademia delle Belle Arti di Brera. Lavora in diverse sedi scolastiche del Canton Ticino e nel suo atelier di Lamone; espone regolarmente in Svizzera e all’estero. www.dinamoretti.ch
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INTRODUZIONE
Questa pubblicazione nasce dallo scambio e dalla collaborazione di tre operatori che per anni hanno lavorato in ambiente sanitario, accanto ai morenti in istituzioni geriatriche, in oncologia palliativa o in cure a domicilio e si rivolge a chiunque si trovi ad accompagnare alla morte famigliari e conoscenti, al personale curante interessato a sviluppare modalità di assistenza sempre più individualizzata e a tutti coloro che sentono l’esigenza di approfondire la riflessione personale sui presupposti e le implicazioni etiche, filosofiche e religiose dei differenti approcci all’accompagnamento e al passaggio della soglia.
I lunghi anni di esperienza professionale hanno suscitato negli autori l’esigenza di comunicare anche ad altri ciò che ora ritengono indispensabile, in una società che voglia essere civile ed evoluta, per accompagnare i morenti e i loro famigliari.
I lettori vi troveranno spunti teorici e pratici per l’accompagnamento dei morenti e della loro cerchia di parenti e amici, che sia rispettoso tanto dei bisogni fisici, quanto di quelli psicosociali, culturali e spirituali.
Inoltre si propone un modello di interpretazione del momento del trapasso che mette in luce il parallelismo esistente tra la fase preterminale e terminale del morente e quella dello sviluppo del neonato e dell’infante. La presentazione di questo modello vuole aiutare ad ampliare la consapevolezza e a comprendere un maggior numero di aspetti da considerare durante il periodo del trapasso, nonché a mantenere un atteggiamento fiducioso e aperto che infonda calma e sicurezza nel morente.
In particolare viene discussa la reticenza a parlare della morte, tipica della società moderna occidentale e le conseguenze negative che questa può avere sull’esperienza del trapasso. Non essere preparati al passaggio, non essersi mai confrontati col tema della morte può creare infatti molta ansia nella fase preterminale e terminale del morente, la cui anzianità non deve venir considerata in alcun caso come garanzia di preparazione a questo passaggio.
Aspetto fondamentale del lavoro del personale curante resta in ogni caso la relazione con gli ospiti e i famigliari, che permette di migliorare sia la qualità della vita che la qualità del passaggio. Impegnandosi a conoscere differenti punti di vista il personale curante riesce meglio a riconoscere e dunque rispettare i bisogni dei suoi assistiti. In un clima di rispetto e presenza consapevole è più probabile che il morente riesca a rilassarsi e lasciarsi accompagnare.
Per essere in grado di facilitare le relazioni, la comprensione delle interrelazioni tra vita e morte, dunque l’accettazione del passaggio attraverso la morte, è indispensabile che le persone in servizio e gli accompagnatori abbiano avuto la possibilità di confrontarsi personalmente con le domande fondamentali sul senso della vita e della morte. È anche importante che coloro che stanno accompagnando siano giunti ad una loro personale visione dell’esistenza in modo tale da distinguerla da quella del morente e abbiano le competenze specifiche e necessarie per accompagnare adeguatamente i singoli individui nel rispetto delle eventuali differenze.
Inoltre, secondo la nuova legge sulla protezione dell’adulto, entrata in vigore in Svizzera il 1° gennaio 2013, ogni individuo ha il diritto e la responsabilità di compilare il formulario sulle direttive anticipate che richiedono un’attenta riflessione sulla propria scala di valori e sulle proprie volontà, che un rappresentante scelto personalmente si farà garante di far rispettare in caso di perdita delle facoltà mentali.
Segnatamente a questo obiettivo vengono presentati differenti punti di vista e diverse tradizioni religiose nei loro modi di relazionarsi con i morenti e con la morte in sé.
Il punto di partenza: l’esperienza personale
Enrico Frattari
Fin dai tempi dell’infanzia la ricerca di quel “qualcosa” che rendesse la vita un’esperienza speciale da vivere mi ha sempre accompagnato, giorno per giorno, fino alla maturità. Gli avvenimenti si ripetevano, sembrava, senza senso. Ricordo mio padre, sempre al lavoro per poter crescere tre figli e dar loro la possibilità di studiare, ricordo i giornali e la televisione che, come oggi, informavano su guerre e inquinamento, ricordo le serate in discoteca, i primi amori, le manifestazioni a scuola, persino un amico deceduto a diciott’anni, nel giorno del suo compleanno, proprio con la moto che gli era stata regalata per quel giorno così importante.... E’ questa la vita? Ogni avvenimento, ogni cosa che mi capitava finiva sempre con questa domanda: “E poi?”
Mi sembrava di ripetere all’infinito le stesse cose, i giorni passavano e dentro di me si faceva sempre più pressante la domanda: ma è solo questa la vita? Un continuo ripetersi di situazioni ed emozioni finché arriva la morte?
Cominciai allora una ricerca per trovare un senso a questa vita: religioni, filosofie, esoterismo, new age, misticismo, viaggi per il mondo ecc. che mi portarono a vivere innumerevoli esperienze spirituali e a cambiare lavoro per diventare un infermiere. Volevo andare da Madre Teresa a Calcutta per dare una mano, ma poi l’incontro con il pensiero di Sri Aurobindo e Mère14, un soggiorno ad Auroville e l’immersione per tre anni nel poema di Sri Aurobindo il “ Savitri “ diedero una svolta alla mia vita. Finalmente molti perché trovarono una risposta e il lavoro di trasformazione della Coscienza ebbe inizio. Andai a lavorare in una casa per anziani, mi sposai e nacque Sheila. Il lavoro e la vita famigliare mi hanno aiutato a rimanere con i piedi per terra, nella materia, e a lavorare su me stesso. Giorno per giorno ero confrontato con il tema della vita: da un lato vedevo mia figlia che pian piano cresceva e dall’altro vedevo gli anziani che pian piano si spegnevano.
Il decesso di un ospite, avvenuto nel mio reparto, mi ha fatto riflettere molto e questo è il motivo che mi ha spinto a scrivere del mio lavoro. Fino a quel giorno, quando si era confrontati con persone allo stadio terminale, la preoccupazione di noi infermieri era di rinfrescarli ogni due ore, di cambiar loro posizione, di bagnare la bocca e nel caso ci sembrassero sofferenti di avvisare il medico affinché potesse prescrivere i medicamenti necessari. Se non c’erano famigliari, quando riuscivamo, cercavamo di stare un po’ con loro per non lasciarli sempre soli.
Quest’ultima volta però dentro di me è scattato qualcosa e mi sono chiesto se quello che facevamo fosse sufficiente. Il trapasso credo sia un momento molto importante nella vita, un momento che ha bisogno di qualcosa di più di quanto fatto finora. Parlandone con Elvira e altri membri dell’équipe, ho compreso che anche per loro ci voleva dell’altro, così ci siamo attivati nel raccogliere materiale inerente a questo tema e siamo partiti con questo progetto.
Elvira Serò Manzoni
La mia storia famigliare con i genitori rimasti orfani da parte di madre sin da piccoli e i loro racconti, che ascoltavo rapita, sulle difficoltà che questa perdita aveva comportato per loro, sicuramente hanno avuto una forte influenza nella scelta della mia professione e hanno suscitato in me l’ interesse per i grandi perché della vita, in particolare riguardo alla sofferenza e alla morte.
All’età di 17 anni ho incominciato a lavorare in ospedale e fin dalle prime volte in cui mi sono trovata confrontata con la morte, ho provato forti sensazioni che mi hanno accompagnato per ore o per giorni, lasciandomi molti interrogativi e un gran bisogno di risposte.
In generale negli ultimi decenni la medicina e le tecniche in cura medica e infermieristica si sono evolute divenendo molto sofisticate, ciononostante credo si possa e si debba fare di più per coloro che si trovano ad affrontare l’ultima fase della vita.
Sebbene sempre più persone si interessino allo sviluppo delle cure palliative e alla tanatologia,15 specialmente in ambito oncologico, in ambito geriatrico è forse ancora troppo diffusa l’opinione che la morte sia un fatto scontato e si pensa che gli anziani siano comunque pronti per l’ultimo “passaggio“ per il solo fatto di essere anziani. Spesso però non è così: c’è forte agitazione già nel periodo precedente alla fase finale della vita. Cosa possiamo fare dunque per attenuare questa sofferenza? Cosa possiamo fare per loro? Cosa possiamo fare per noi?
Penso si possa fare molto migliorando la qualità del rapporto tra i curanti e gli utenti, fatto che ritengo essere uno dei compiti principali nel nostro lavoro. A mio modo di vedere in ogni ambito della vita le relazioni dovrebbero essere una delle priorità più importanti poiché influiscono su come “viviamo la vita” e di conseguenza condizionano il modo in cui “vivremo la morte”.
Per comprendere questi collegamenti ci può aiutare il porci domande e cercare risposte sulla vita e sulla morte. Questo naturalmente può avvenire in modi diversi, ecco perché ritengo necessario presentare la morte sotto vari punti di vista e secondo varie filosofie, tenendo conto che si possono trovare gli stessi messaggi in diverse civiltà e in varie religioni.
L’aver individuato denominatori comuni nei differenti modi d’intendere la vita e la morte, mi fa credere che vi sia la stessa origine e che gli esseri umani siano tutti collegati. La conoscenza delle differenti religioni e filosofie di vita, credo possa aiutarci nella comprensione dell’altro, qualunque sia la sua storia, la sua cultura o la sua religione.
Oltre a questi aspetti più prettamente filosofici esistono anche vari aspetti pratici che nel nostro ambiente di lavoro non vengono ancora presi in considerazione, sebbene permettano di accudire in modo molto più sensibile gli ospiti in fin di vita. La condivisione di queste pratiche è stata una motivazione fondamentale per la realizzazione di questa pubblicazione.
Nicoletta Gay
Alla mia nascita il nonno materno era morto da non molto e sin da piccola sono stata abituata durante le preghiere della sera a pregare per qualcuno che non avevo mai conosciuto fisicamente, ma che sicuramente doveva esistere poiché se ne trovavano tracce ovunque, tanto tra i mobili di casa quanto tra quelli del cervello delle persone che mi stavano attorno; si trattava dunque di qualcuno che c’era, ma non c’era e ciò era assolutamente naturale e sembrava non creare alcun dubbio di natura logica, in nessuno.
Questo fatto destinico ha sicuramente contribuito in modo del tutto inconsapevole a creare in me bambina i presupposti cognitivi necessari affinché, in età adulta e in ambienti del tutto scevri da qualsivoglia abitudine religiosa, per me sia comunque sempre rimasto normale concepire un universo composto da più realtà, da più dimensioni, da spazi e tempi differenti e differibili. Non solo, assolutamente naturale risultò anche considerare possibile il collegamento tra questi mondi o realtà differenti.
A 29 anni ho perso un amico che prima di morire è stato 24 ore in coma in una città lontana da quella in cui vivevo, senza che io lo sapessi razionalmente. In quelle 24 ore però ho avuto esperienze stranissime e difficili da spiegare con la scienza ufficiale di cui allora facevo parte: come se fossi stata in coma anch’io, mi sono mossa in modo semiconscio per la città e, in uno stato di coscienza alterato da non si sa cosa, sono entrata in una libreria, lì sono stata “telecomandata” a prendere un libro da uno scaffale, pagarlo e uscire, senza nemmeno leggerne il titolo. Mi sono poi seduta da qualche parte a leggere senza interrompermi fino a quando non c’era più luce sufficiente. Il libro s’intitolava “Cronaca di una disincarnazione”16 e parlava di una persona in coma che aveva bisogno di comunicare ancora qualcosa prima di poter morire in pace.
La sera tornata a casa con il libro in mano, sempre in questo stato di coscienza alterata, ho avuto visione e sensazione cinestetica di questa persona che è poi morta poco prima di mezzanotte. Razionalmente lo venni a sapere solo il mattino seguente, sebbene nella notte io avessi sperimentato con lui alcuni stati di coscienza intermedia che i tibetani chiamerebbero bardo e gli induisti antarabhava.
Da oltre dieci anni insegno accompagnamento alla morte a personale infermieristico, medico e paramedico e sto accanto a malati prevalentemente oncologici, che mi hanno dato la possibilità di sperimentare personalmente come la coscienza individuale sia impegnata in modo oserei dire quasi forsennato a recuperare il tempo perduto ogni qualvolta si tratti di persone che non si sono mai occupate di esplorare, né tanto meno collegare, le diverse dimensioni e realtà, i diversi mondi.
Mi è successo di accompagnare un bimbo piccolo che aveva trascorso tutta la sua vita di 2 anni e mezzo in ospedali, senza mai vedere una casa e senza mai essere staccato da tubi e tubicini. Non aveva ancora avuto il permesso di morire, se così posso dire.
Ho accompagnato signori anziani che avevano rinnegato la loro origine e vera natura per decenni e giunti sul punto di morte, per poter effettivamente morire hanno avuto bisogno di “cambiar vita”! Altri invece sono rimasti in uno stato semicosciente e dolorante fino a quando non sono riusciti a riconciliarsi con qualcuno con cui magari non parlavano da più di trent’anni. Ho visto persone negare la morte imminente fino a poche ore prima della morte clinica e poi crollare straziati dalla paura e dai rimorsi. Ho visto figli, mogli e mariti essere così imbarazzati e impreparati nell’accompagnare i loro cari da preferire che rimanessi io, un’estranea, accanto a loro, invece di starci personalmente. Ho visto morenti attendere la mia presenza non impaurita per potersene andare poiché la presenza dei parenti rendeva loro impossibile concentrarsi sul proprio passaggio.
Morire non è così facile come potrebbe sembrare e in moltissimi casi mi capita di constatare un estremo disorientamento tanto nel morente quanto nel sistema di persone che lo circondano.
Nella nostra società caratterizzata da impazienza, tecnologia e riduzionismo, nascita e morte vengono considerate come processi estranei, completamente slegati dalla “vita”.
Una comprensione olistica dell’essere umano e di conseguenza una formazione del personale di cura esige invece il coraggio e l’apertura a confrontarsi con tutti i processi naturali inerenti alla vita, dunque anche con il nascere e il morire.
INDICE
INTRODUZIONE
CAP I LA MORTE E LA PAURA
Perché è difficile parlare della morte?
In che modo le varie culture parlano della morte?
Perché esiste la morte?
Cosa c’è dopo la morte?
Di cosa sono fatti gli esseri umani?
CAP 2 CORRISPONDENZE TRA LA NASCITA E LA MORTE
Osservazioni cliniche e possibili parallelismi
Preparazione (vita uterina / fase pre-terminale)
Passaggio ( nascita / morte )
Dentro e fuori del corpo fisico ( neonato / fase terminale )
CAP 3 ACCOMPAGNARE
3.1 preparazione all’accompagnamento
3.2 bisogni e diritti del morente
3.2.1 Carta dei diritti dei morenti
3.2.2 Bisogni del morente
3.3 come rispondere ai bisogni del morente
3.3.1 fisico—medico-paramedico
3.3.2 emotivo- relazionale—- psicosociale
3.3.3 legale
3.3.4 spirituale
3.4 Come accompagnare la fase del trapasso
3.5 Come comportarsi dopo il trapasso
3.6 Come accompagnare chi resta
CAP 4 INFORMAZIONI PER ASSISTERE MEGLIO IN UNA SOCIETA`
MULTIETNICA E MULTICULTURALE
4.1 La morte per gli Induisti
4.2 La morte per i Buddisti
4.3 La morte per gli Ebrei
4.4 La morte per i Cristiani
cattolici
protestanti
ortodossi
testimoni di Geova
4.5 La morte per i Musulmani
4.6 La morte per gli Indiani nativi americani ( pueblo-zuni )
4.7 Considerazioni conclusive
CAP 5 CONCLUSIONE
APPENDICE 1 Il punto di partenza: l’esperienza personale
APPENDICE 2 Dialogo sulla morte con gli ospiti di Casa Serena