63 Gianfranco Lauretano
Questo spentoevo sta finendo
Immagine: Wien Secession, 2010
Fotografia alla chiara fonte
pagine 32
primavera 2013
Gianfranco Lauretano è nato nel 1962, vive e lavora a Cesena. Ha pubblicato i volumi di poesia La quarta lettera (Foum, Forlì, 1987), Preghiera nel corpo (NCE, Forlì 1997 – ristampa: Ellerani, Trieste 2011), Occorreva che nascessi (Marietti, Milano 2004), Sonetti a Cesena (Il Vicolo, Cesena, 2007), (Raffaelli, Rimini 2012)
e il volume di prose liriche Diario finto (L’Obliquo, Brescia 2001).
Sue traduzioni dal portoghese e dal russo sono pubblicate su antologie e riviste e nel 2003 in volume, presso l'editore Raffaelli di Rimini, è uscito Il cavaliere di bronzo di Aleksandr S.Puskin. In uscita la raccolta La pietra di Osip Mandel’štam, Il Saggiatore, Milano.
Svolge attività di critica letteraria su periodici e quotidiani. Ha curato, tra l’altro, il commento ai canti XXIX, XXXII e XXXIII del Purgatorio di Dante (Rizzoli, Milano 2001) e il volume monografico La traccia di Cesare Pavese, (Rizzoli, Milano 2008).
Dirige la collana “Poesia contemporanea” e il trimestrale letterario “clanDestino” per la casa editrice Raffaelli di Rimini. È fondatore e direttore letterario della rivista di arte e letteratura “Graphie” e fa parte del comitato di redazione della rivista di critica e letteratura dialettale romagnola “Il parlar franco”.
Risiediamo ancora in questo corpo
attraverso cui non ci asteniamo
dall’imparare e dal dimenticare.
Ma appena sotto pelle una tempesta
si scatena tra le membra e l’anima
la carne si fa pensieri, parole
opere e omissioni, e tribunali
e colpe e poche assoluzioni.
Più giù ancora giù il terzo strato
il grumo scuro, il grumo, il muro.
Un fiume nero che giunge
da un vulcano capovolto, anima
umore, corpo forse morto.
Molti sostano ai suoi bordi
lo guardano, corrente
ipnosi, corsi limacciosi
ogni tanto tornano a galla
dove non respirano ma lanciano
la palla della loro ombra.
Ma non è finita, dopo l’abisso
la pelle e la morte, l’io e l’agone
che lo impegna notte e giorno
qualcuno ancora pulsa, un me lontano
che manda qualche indizio raro
da una vita. Vivo e vegeto
sgorga di continuo e ricompone
corpo e anima interi nuovamente
si danno una ad una le risposte
dove io non è più solo.
*
1
Questo spentoevo sta finendo
in un evento che si desta
alza la testa e smette il sonno.
Un’era veramente nuova
lo segue fedelmente
era che fu grande
sonnecchiante sottocenere
mentre il fuoco ripuliva.
2
Lavora ma si stanca questo mondo
satana si annoia, è incostante
infedele inconsistente
non fa bene neanche il male
è malvagio ma bonario
si è ridotto l’orario
crede di essere vincente
ha sapienza da pezzente
di mestiere fa il docente
universitario.
3
Ma l’era nuova
ride della puzza dello zolfo
lambiccata in facoltà
data ai figli senza carità
né costruzione, ai figli
di chi non sa che lì li manda
alla distruzione.
4
La nuova era ride.
Ride dell’angoscia
obbligatoria, del niente
i corpi spolpati e senza mente
della storia demenziale
che cancella la memoria
lì, nei corpi, che li spoglia
li squarta e poi li appende
così per forza, macellaia.
5
Una nuova era viene mano a mano
un cane forte e lieto
che apre porte e reca pane
quotidiano, non fa la guardia
ma raduna il gregge. Tanto
il lupo non si accorge
è occupato alle sue orge.
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DIO NON C’È
1
Dio non c’è, sta lavorando
se n’è andato dove
per crederlo non chiedono
le prove. Dio non c’è
perché non è richiesto
si è spostato, non è
maleducato e non risponde
per forza, non impone
il suo stato a chi non fa un gesto
che non sia domandato.
2
Dio non c’è, sta costruendo
con quelli che hanno sete e fame
di giustizia e pane
si rimbocca le maniche
e sporca le mani
con immane tenerezza
li mette insieme e li ama.
Dio è là da quelli
che sanno l’unità
li raduna e se li fa
rassomigliare, tutte
quelle piccole trinità.
3
Dio non c’è in Europa
ha obbedito, si è staccato
dai muri e dalle leggi
da uomini che aborriscono
le greggi, ci ha lasciato
coi parlamenti e le televisioni
i centri commerciali
e le costituzioni, i nostri
aggeggi deficienti.
4
Dio è altrove, segreto
lungo un greto di risaia
in un deserto, una palafitta
un quartiere di lamiere
una fogna a cielo aperto
e lì lavora. Sta facendosi
un popolo, perdona
compatisce. Sta creando
come sempre e dividendo
i seduti dai seguaci
fertili da sterili di figli
e di peccati, neppure di quelli
sono più capaci