Lucianna Argentino è nata a Roma. Ha pubblicato i seguenti libri di poesia: “Gli argini del tempo” (ed. Totem, 1991), “Biografia a margine” (Fermenti Editrice, 1994) “Mutamento” ((Fermenti Editrice,1999); “Verso Penuel “ (Edizioni dell’Oleandro, 2003); “Diario inverso” (Manni editori, 2006; “L'ospite indocile” (Passigli, 2012); “Le stanze inquiete” (Edizioni La Vita Felice, 2016); “Il volo dell’allodola” (Edizione Segno, 2019);   “In canto a te” (Samuele Editore, 2019).
Fotografia di Mel Carrara



Trema chi dell’abisso fa suo seme
e teme sia tenebra il raccolto,
ma poi la luce viene
a raggi o a perturbazioni
ed è una forma di limpida materia
l’amore che ne scaturisce
e sgrana le ore nell’opera del tempo
ma non è questo ad invecchiarci
è quanto tratteniamo
- tutto ciò che non lasciamo andare.


* * *


Le ore - agili sorelle- scardinate dagli istanti
smarrite nel clamore degli eventi
oscillano agitate dal vento dell’imprevedibile.
Confuse non sanno a quale limite aggrapparsi
e stanno come pane avanzato
che in sé mantiene il lievito e la spezzatura.


* * *


Da dove viene il canto
che dal silenzio estrae la melodia
e l’abbraccia al ritmo del presente
al tempo che scorre e non s’impone?
E’ da questo fare col cuore genuflesso
in una luce che segue passo passo
l’incerto andare di quanto in noi rimane in bilico
nell’ora senza tempo - l’ora blu della parola
che prima di dire ascolta.


* * *


La pioggia scurisce i marciapiedi
ma tace di che stagione è il frutto
da cui proviene l’inquieta sostanza
del nostro pensarci sempre un po’ più in là
sfalsati sulla linea della vita
eppure veri quando il dolore ci piega le ginocchia.
Sento questo tempo
come un campo messo a maggese
anche se è settembre
e senza riposo e in povertà passa
ciò che da me a me ritorna.



* * *



Ha il peso di un’abitudine
il nostro guardarci
senza mai allentare la presa
o come un verso scritto al buio
davanti al quale sgrana gli occhi
la luce
e s’annida sotto la verde pisside dei pini
perché le sia di ristoro l’ombra
e a noi sia più facile
lo scrutinio dei  non
che chi muore ci pianta in bocca.


* * *


Una palla e dei bambini
sul prato incompiuto del mattino
tirano giù il cielo
ne mettono alla prova la pazienza
con le loro grida sparpagliano la flotta delle nuvole
prosciugate dall’incredulità
e non importa se non è tutto qui
perché qui è tutto
perché come un granello di polvere
è d’inciampo alla luce
è in simili granelli di luce
che il male inciampa
e cade.


* * *


Se è  distanza uguale
a quella tra la rosa e il suo profumo
non temo lo stare nel silenzio
dove l’attesa non è speranza
ma certezza del bello che viene
e del bene già qui nella materia
del nostro risveglio.
Così mi dice il mattino
imbastito di voli e del mio quotidiano
prestargli il cuore per un canto spezzato
dall’abbaiare di cani senza pietà
e ricomposto nell’attimo preciso
del traboccare delle ore
da un tempo che più non le contiene.



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