Paride Mercurio è nato a Novara nel 1969 da genitori calabresi. La sua prima silloge, Fiori d’autunno, è del 2002. Seguono Anima memor, nel 2003, e Archeolemmi, nel 2006. Nel 2011 esce Penultimi fuochi, (Book editore), e, con lo stesso editore, nel 2015: La persistenza del tempo
Nel 2021 una serie di liriche scelte viene tradotta in rumeno da Alexandru Macadan e pubblicata da Editura Cosmopoli a Bacau in una plaquette intitolata Foc rece în stele (Fuoco freddo nelle stelle). È manager di professione.


*


PREGUNTÁNDOLE A BORGES



Sono io che sogno rose, versi, amplessi, profeti
e deità terribili, l’Acheronte ed il Tartaro;
il cielo fiammeggiante, mentre sta componendo
il tenebroso di Efeso sulla natura un’opera
che forse andrà perduta?

O forse io sono il sogno d’un uomo trapassato,
e in questa dimensione senza significato,
nell’eterno fluire d’un mondo senza porte,
mi ritrovo dannato -né miele né cicuta-
senza vita né morte?



*


QOHELET



Ore ci sono, amore, e luoghi antichi
che mai più vivremo.

Al fondo se ne stanno di quel pozzo
profondo -la memoria-,
e il tempo è acqua densa che non lascia
intraveder che poco.

Perdute son le rose e gli oleandri,
e i giardini odorosi,
ricami di una tela già tessuta
ed ora evaporata
come rugiada estiva al primo sole,
amore, del mattino.

Perdere tutto e nulla possedere,
vivere è questo solo.
Perderemo anche noi stessi un giorno
di orribili rintocchi,
quando nella selva dei fazzoletti
davanti a te disteso,
senza piú un alito di vita, avrò
perduto anche i tuoi occhi.


*


ÇA VA SANS DIRE 



Sulla Ticinese fuori Novara
ce ne andiamo di fretta verso casa
al borgo nostro ancora

Marzo va spegnendosi in una sera
bruna d’acqua dal cielo alle risaie
e tu guidi distratta

S’è consumato dunque il pomeriggio
in fecondo passeggio ad un mercato
di libri in pieno centro

Ora torniamo lassi e lamentosi
nei cuori già nostalgia della gioia
a pena delibata

Sulle labbra umide timidi schiocchi
casti rimbrotti al tempo irrefrenabile
in un contegno nuovo

E sono questi lai pure ronzii
indecifrabili battiti d’ali
d’insetti piccolissimi

Entrambi apriamo un poco i finestrini
a rinnovare l’aria la stantia
aria in panna di dentro

E tra le nostre voci lieve ascende
un profumo di polvere bagnata
è primavera ancora

Come la prima volta che t’ho amata



*


SALDI



Avresti dovuto lasciarmi a casa
-veleggiavo sui frammenti d’Empedocle-,
invece di condurmi per le vie
affollatissime di Varese.

Sotto questa pioggia fine fine,
la città mi sembra ancor più triste
di me che incontro tipi folli
alla caccia di sconti.

Non credo di esser stato uno di loro
in questa o in altra vita mai
(eppure, lo so, fui arbusto, uccello,
e fui pesce muto, guizzante e muto…).

Mi trascini per negozi
tu, e sai che non amo lo shopping;
ma poi -estemporanea-
una benedizione:
io, quasi per caso, bacio il tuo collo
che sa di fragola, e torno felice,
felice che tu sia sempre con me.


*


RENOVATIO



Cercar parole pure in un futuro
(Mutato sidere)
Ch’alfin si conceda lussi
E mai si privi del necessario

Parole nuove per il lunario
Per i miei diritti escussi
(Insieme al ridere)
Da qualche creditore duro e puro

E inventar lemmi dolci ed al cianuro
Atti ad incidere
Le coscienze e i loro flussi
E stendere un umano bestiario

Scrivere dal nulla un dizionario
(Manna di cieli concussi)
Varrone irridere 
Ed esser d’Isidoro più sicuro


*


SAN FABIANO



Piccolo tempio depredato e spoglio,
solitario spuntavi come fiore
tra i campi distesi ai piedi del borgo.

Morente -ora- ti scrutano sinistri
due enormi capannoni di cemento,
amari frutti del progresso umano.





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