Fabio De Masi  (1980) vive e lavora a Torino. Nel 2013 ha frequentato una palestra di scrittura per racconti presso la Scuola Holden. Nel 2014 ha pubblicato un racconto nell’antologia In giro per l’Italia in Vespa (Giulio Perrone editore). Nel 2018 il racconto La finestra di fronte è stato pubblicato dal collettivo di scrittura “Spazinclusi”, mentre la rivista”Pastrengo” ha pubblicato Quando smetterà di piovere? È in uscita, sulla rivista “Risme”, il racconto Nascondino.



*


sono finito un attimo sul balcone
il mondo stava finendo, sciolto
colava dentro se stesso
neanche qui fuori si respira, ho pensato,
e non conosco una sola persona
che sia in grado di salvarci
questa cosa del salvatore è un’ipocrisia
che ancora regge nel tempo.
la luce scompare, ma non il caldo

ero fradicio dalla testa ai piedi
anche lei era marcia
gocciolavamo dai gomiti,
e le nostre gocce si univano in una soluzione salata e dolce
ogni tanto piangevo anche un po’
e le lacrime unite al sudore, da sdraiato,
mi finivano negli occhi,
mi bruciavano
lei me li tamponava con le dita o la bocca
mi sorrideva al buio
vedevo solo il bianco degli occhi e dei denti
vedevo i miei stessi sogni lì davanti,
mentre il mondo continuava a finire.
mi sono alzato, ho preso un lenzuolo fresco e l’ho steso a terra
si è sdraiata al mio fianco
eravamo lì, in silenzio,
come panni stesi ad asciugare nella notte



*



sono su un terrazzo non mio
il mare c’è ma è lontano, in fondo,
come l’amore
bevo una birra e mangio due arachidi,
fumo la sigaretta
e immagino quando mi dirà
“sai di sigaretta”
il mare rimane sempre lì, in fondo,
il sole si spezza dietro a un tetto
guardo ancora le barche a vela,
sono piccole ma le distinguo,
sono lì in fondo anche loro
lì che navigano in mezzo a un amore
sconfinato



*



non penso che la bella stagione
possa portare grandi benefici
o che il vento e il mare
riescano a fare miracoli rispetto al vino
ma in questa casa buia
sento la sua pipì frantumarsi sulla ceramica
le lenzuola sono umide di sudore
e ho tutto il corpo lucido di lei

ascolto

il silenzio è un richiamo
e dentro a un buio rovente,
mentre mi allungo verso il comodino
                                                per bere ancora un sorso,
trovo la penna che avevo lasciato
e appunto su un foglietto lì accanto,
giusto per non scordarlo con l’alba,
che sono vivo



*



hai allungato la mano e l’ho afferrata,
prima con una, poi come entrambe le mie
dentro era calda, aveva un paio di graffi
ho provato a sollevarla
sembrava galleggiare
poco dopo era davanti al mio viso
la vedevo sfocata, talmente era vicina,
sentivo l’odore della tua vita nel palmo
più s’avvicinava, più respiravo il tuo passato
quando mi ha coperto un po’ gli occhi
il naso, la bocca
la tua mano era come se mi ascoltasse
per raccogliere, subito dopo,
il principio di un sorriso



*



certo è bello quando mi baci
ma è ancora più bello il momento prima
quando ti avvicini
quando schiudi la bocca
socchiudi gli occhi
e io sbircio i tuoi denti
intravedo la tua lingua
poi
prima ancora della pelle
il tuo respiro che mi sfiora

è quello il momento più bello
il tuo bacio,
prima



*



mia moglie ha fatto la doccia
ha indossato della biancheria carina
un vestito leggero
un’espressione nuova
ha spento la luce sul comodino
ed è uscita

ricordo ancora quelle notti
immergevo gli occhi nelle tenebre
si gonfiavano fino a colare
li sciacquavo ogni sera, nella notte,
fino a quando son diventati così puliti
da riconoscere distintamente
la paura del buio
da quella della luce



*



quando entro in casa
la sera
ci trovo ancora l'odore della notte
della sera prima
è il respiro trattenuto della casa
un'apnea domestica
che alimenta il vuoto
apro la finestra
e il giorno finisce





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