Domenico Cambareri

SETTIMANA A KAMARES



Domenico Cambareri, catanese di nascita e bolognese per dono è presbitero della Chiesa cattolica. Ha studiato i fecondi e tormentati rapporti tra teologia e letteratura. La poesia è il luogo e il tempo in cui la preghiera diviene colloquio nel e col mistero. È incaricato della cappellania presso il carcere minorile di Bologna e professore di lingua italiana nella formazione professionale. È parroco alle porte di Bologna.



 *


LUNEDÌ.


Ti confido

 

esiste: fuori
e in me,
kamares,
cuore di luce.
Nella peloponnesiaca
immobilità
siedo per un caffè d’attesa.

Sensibilissimo e a metà
si immerge il corpo
in visioni di oltre.

Piccolissimo quella calura
è come se mi facesse. eppure
rinvigorisco e
- avvenne già su un altro lido -
il sentiero dell’amore
si riapre.


*



MARTEDÌ.



È tra i tuoi
ricci neri una voce,
crudele
diuturna
ostinata,
totalmente ti dice
chi sei.
Non lo puoi sostenere.

Inavvicinabile,
reso vivo, mortale
ti senti come una
separazione dal mondo.

Niente, nessuno soffrirà
con te,
avvertirà quest’acqua
vorticare tra le dita dei piedi.

Davvero nessuna persona
può capirci.

Ora
che sapore ha
questo sole?



*



MERCOLEDÌ.



Sorrido
vedendoti
arreso al sole,
disteso, raggiunto
dalla turba di cicale
che infuoca
delle note sillabe
la pineta.

Sorridi tu pure,
adamo che ci riprova,
che riconosci
il territorio lussureggiante
eppure
ad ogni mappa
sconosciuto.
Inspiri,
hai rifiutato la trappola,
il fondo di un’anima
prosciugato che - come per tutti -
ti si offriva.

L’amore
ti ha condotto
al momento:
ora insufficiente è persino
Il coraggio,
urge come un tuffo
oltre la volontà.

La vita
troppo controllata
riduce la
vita da controllare.

È questa sapienza
a restituirti
bellissimo



*



GIOVEDÌ.



Preghi
privo di gesti e di salmi
su questa strada bruna
ché manca il sole
- eppure c’è abbastanza luce -
da immergersi
in un mattino d’occhi
e spirito.

improvvisamente
un animale che non vedi
ti spaventa,
c’è solo un silenzio temporaneo
ma è la tua cattedrale.

Passi di rumore,
il tuo cuore,
una memoria
e la solita paura.
stamane quanto sei vicino al cuore
di un dio?

“Solamente
voglio credere - mi dici -
al dio vicino
a chi è lontano
dalla felicità”.



*



VENERDÌ.



Aspetta l’autentica
vita
qua dentro.
Sogno e la faccio plausibile.
Nel sogno
- non ci credi? -
rimane la “notte perfetta”.
Le stelle - ovviamente - e il temporale
annunciato.
La luce cinerea
sull’uliveto e la strada,
l’estiva folla dei grilli
e uno spessore di distanza
da tutti gli esseri.

Fu qui che lottai con
Dio, Dio
che tentai di trattenere
ad ogni luce destata.

Benedetto dal nome del piacere,
claudicante per la mancata possessione
dormire non fu possibile.
Mi chiedo, ti chiedo cosa di mio
è ancora lì.

Domani
è un altro sogno.



*



SABATO.



La mano spaventosa
del sole che si chiude
permette
a me il pensiero
e a te,
germinale abisso,
di inorgoglire le vele
del tuo spirito, immenso.

Spalanca!

Non ho io
né poetiche, né metri
e strategie
per dire il tuo
corpo che urla e balla,
di arcaiche potenze
preda.

Solo questa terra,
le sue certezze atroci
e i luminosi e truci
raggiungimenti,
può intenderti.



*



DOMENICA.



Placido attendere
che il caffè si depositi.
Godiamo l’alba tardiva
a Kamares.

Entra negli occhi
- ammaliatrice -
una quantità di luce
a scavare
un luogo di memorie
e nostalgie.

Domani
uffici di gabbie e colleghi
tangenziali, obblighi,
le mie radici
si volgeranno in veleno.Resisterò
e nel silenzio degli occhi
- oh sì, lo farai anche tu -
sarò qui
avvinto alle ginocchia
i piedi sprofondati
in un’apice di piacere.

Al destino contrappongo
il cammino. 





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