Debora Giampani

Fortuna

Immagine di Debora Giampani

pagine 64

cm. 21 x 16

marzo 2018


Debora Giampani nasce a Lugano nel 1986. Si appassiona alla letteratura a nove anni con Tarzan delle scimmie, ma più in là scopre che sono soprattutto due i generi di storia che la affascinano: quelle normalissime o quelle surreali. È laureata in Lettere con una tesi sulle illusioni leopardiane nel Novecento. Ha lavorato come giornalista per diverse testate ticinesi ed è collaboratrice di Rete Due. Da qualche tempo ha scoperto che sott’acqua si pensa meglio e nel 2017 si è trasferita in Sicilia dove ha aperto un diving assieme al suo compagno.


da Bellezza


La sterminata radura brillava argentea sotto il cielo stellato. Non era ancora notte fonda, e il bagliore del sole, ormai nascosto dietro all'orizzonte, vegliava sugli alberi frondosi sparpagliati per la pianura. Più in là, dietro la cima aguzza di una montagna, faceva la sua timida apparizione anche la luna.
Naledi, seduta su un sasso, il mento appoggiato sul palmo di una mano, guardava davanti a sé i lunghi fili d'erba piegati dal vento caldo.
“Sembra un immenso animale il cui pelo è rizzato dalla paura” pensava, “chissà se ne esistono, al di là del mare, di animali così grandi...”
Questo era il momento della giornata che le piaceva di più. I suoi piccoli al sicuro, all'interno della grotta, le permettevano di prendersi un attimo per sé e osservare quel maestoso mondo che ormai da lunghi anni girava senza tregua. “Camminare con le orecchie tese al pericolo non è come sedersi su un sasso, la sera. Tutte queste meraviglie non si possono osservare, se si deve fuggire. Chissà se esiste un luogo, al di sopra delle alte montagne, dove non esistono predatori.”
Dall'altra parte della radura, all'entrata della scura foresta, un branco di antilopi camminavano calme, stanche, brucando ancora quel poco d'erba che il scivolare della notte permetteva loro.
“È un buon segno che le agili amiche siano così tranquille. Sarebbe bello, se fosse sempre così” pensava Naledi, e intanto ascoltava il suono del vento che si insinuava tra i cunicoli nelle rocce.
Lentamente si sollevò, aiutandosi con la mano destra. Non era molto alta – all'incirca un metro e quaranta – ma le sue braccia erano assai forti e muscolose, capaci di arrampicarsi e di assestare pesanti colpi in difesa o in attacco. Le gambe, tozze, coperte da una rada peluria bruna, erano rette da due lunghi e massicci piedi, capaci di camminare per decine e decine di chilometri al giorno. La sua postura bipede, a eccezione di una lieve incurvatura che la rendeva più veloce agli scatti, era quasi perfettamente eretta.

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