Alberto Jelmini

Essenza di donna

pag. 48

maggio 2016

Immagine: M. Vals./ alla chiara fonte



Alberto Jelmini

Nato nel 1938 a Lurengo (Quinto), ha seguito gli studi magistrali e ottenuto la laurea in lettere all’Università di Friborgo. Ha insegnato italiano e francese in varie scuole, concludendo nel 1999 come docente di didattica dell’italiano alla scuola Magistrale postliceale di Locarno. In tale ambito ha pubblicato La Grammatica per gli allievi del secondo ciclo della scuola elementare (Salvioni, 1997). Nel 1999 ha “scoperto” la scrittura in dialetto, vincendo nel 2000 il Premio “Città di Legnano”, sezione dialetto e nel 2005 lo stesso Premio nella sezione lingua italiana. Ora, da pensionato, si dedica a corsi privati di letteratura e storia dell’arte a casa sua.
Del 2008 la prima pubblicazione poetica (Poesie, Dadò, finalista al concorso “Mario Luzi” di Roma), seguita  poi da altre due: Tracce, con Claudine Giovannoni (ed. Ulivo, 2011) e Poesie sulla tavolozza (Dadò, 2012). Ultimamente ha curato l’edizione del carteggio fra sua nonna Eugenia (nata Pedrolini) e suo papà Luigi (Louis) dal titolo Affetti su carta (ed Ulivo, 2015)



Lisa Ferretti

ESSENZA DI DONNA


"Nulla può toccare tanto poco un'opera d'arte quanto un commento critico" scriveva il poeta Rainer Maria Rilke. Non posso essere più d'accordo: il mistero di un'opera d'arte è indicibile, ed è forse questa stessa indicibilità a rendere le creazioni artistiche tanto affascinanti. Bisognerebbe quindi lasciare che l'arte parli da sé. La richiesta di scrivere questa prefazione giunge però da un amico oltre che da un poeta, ed è quindi un onore soddisfare questa sua volontà, nonostante la complessità dell'impresa. Cercherò di aprire uno spiraglio al mondo poetico di questa raccolta, con la chiara consapevolezza che l'essenza di queste poesie non è riducibile ad una breve ed umile prefazione.
Che Jelmini sia poeta è una verità inconfutabile: la sua capacità di scovare l'essenza poetica delle cose, soprattutto a partire da realtà quotidiane e concrete è notevole; d'altronde, l'essere poeti è prima di tutto un modo di vedere e vivere il mondo.
Il tema della presente raccolta è la Donna; i seguenti poemi rappresentano varie essenze femminili, essenze vissute nel corso di mezzo secolo. Wittgenstein ci insegna che le parole hanno una loro vita; nel corso della nostra esistenza il loro significato evolve, si addensa e viene riconfigurato a seconda del nostro vissuto. Leggendo queste poesie mi sono immaginata di tracciare parte del percorso che la parola "donna" ha compiuto nella mente del poeta, percorso che mi sembra di potere definire positivo e vitale.
In "Essenza di Donna" la figura femminile appare come portatrice di luminosità e Bellezza. I suoi sorrisi, i suoi rituali e la sua gestualità sembrano alleggerire l'animo del poeta distogliendolo da angosce segrete e conducendolo ad uno stato di serenità. Il poeta, silenzioso osservatore della gestualità femminile, si scopre ladro di sorrisi. Sembra inoltre  conoscere da vicino l'universo femminile, del quale coglie con facilità gli stati d'animo. Non sempre delicato è però l'impatto della donna sull'Io poeta: un solo sguardo e il suo mondo è sconvolto.
La Donna ha nelle poesie di Jelmini una natura poliedrica: amica, amante, confidente, ma anche gatta, Natura e Dea, fino a divenire poesia stessa. Se la figura femminile presentata da Jelmini è spesso tangibile, non rinuncia, in rare occasioni, a divenire figura astratta e onirica.
Vi invito a leggere queste poesie con spirito libero, lasciando che ognuna di esse vi trascini nel suo volo poetico, volo che varierà di lettore in lettore.


DONNA CHE STIRA                            


S’è schiantata l’afa
sulla città lacuale
storcendone gli umori:
gri gri di grilli
sotto la finestra aperta
oltre il giardino:
occhio giallo nel buio
dove una donna stira
vestita d’aria
e di stelle.


PALLANZA                                


Era un gennaio eccezionalmente tiepido e strano
con leggere folate a trascinare sull'asfalto
grigie foglie secche,
quando, seduti soli a un tavolino
sulla piazza di Pallanza,
per la prima volta
ti confidai il bene che volevo
alla nostra comune amica.
La luce del lago era
tra l'argento e il piombo
quando mi rispondesti
con un complimento
a me e a lei
che mi calmò un poco
il cuore.


DONNA BELLA


Ogni mattino
passo davanti alla casa
della donna bella.
Allora rallento,
nonostante la pressione dei ritardatari,
per vederla alla finestra
sbattere lo straccio della polvere,
o nei mattini di maggio
col sole negli occhi
cogliere lo spruzzo dell’acqua
sul vaso di rame
colmo di rose.
E quando con le mani
spiegando le lenzuola
sul parapetto di legno
fa col viso un segno di saluto,
sento sulla pelle una carezza
che m’accompagna,
trovatore felice
pel furto di un sorriso.


FREMITI        


Se incontro i tuoi occhi
bruni, irrequieti,
un fremito mi percorre
e lentamente il mondo,
facendo in essi perno,
con strana meraviglia
avvia un’ampia rotazione.
Poi sempre più veloce
un turbine travolge ogni difesa
e cieco cerco un appiglio
in questo vorticare,
le braccia tese a rubare
il tuo sogno:
per farlo mio.


APPUNTAMENTO MANCATO    


Non sono subito accorso
dietro il promontorio,
dove le rive si avvicinano
e l’acqua quasi si ferma
permettendo
di attraversare il fiume.
Vi sarei giunto con te,
a spasso sulla riva opposta,
i piedi nudi sui sassi
sfiorati dall’ampia gonna azzurra.

Volevo portarti qualcosa di gentile,
magari un rametto per caso fiorito
in questi grigi pomeriggi autunnali.

Così son corso per prati deserti,
rotti da muretti irti di siepi,
invano cercando una rosa fra le spine...

Ma quando, disperato,
a mani vuote son ritornato al fiume,
tu eri lontana, oltre le rocce,
nell’aria livida del crepuscolo,
dove occhieggiavano esitanti
fiorellini rossi
fra i licheni di sparse pietre piatte.



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